In occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, Essere Animali, Legambiente Lombardia e Terra! hanno pubblicato oggi il primo report dedicato all’offerta vegetale nelle mense universitarie lombarde. Poche le eccellenze e molte le criticità, tra capitolati obsoleti e menù poco trasparenti, mentre le università hanno un ruolo chiave nella sostenibilità alimentare e nella riduzione delle emissioni legate al cibo.
Quattro eccellenze e molti passi da compiere
«Quattro eccellenze e la volontà da parte di alcuni istituti di diminuire l’impatto ambientale del cibo proprio a partire dalle università, ma anche molto lavoro da fare per rendere il sistema alimentare universitario più sostenibile», dichiarano le associazioni in riferimento al report “Mense per il Clima – Report sulle Università in Lombardia”, realizzato con il sostegno di Fondazione Cariplo.
Il documento analizza capitolati, menù e ordinamenti di tredici università lombarde, con oltre 332 mila studenti e circa 30 mila tra personale docente e non. Secondo il report, a fronte di alcune esperienze virtuose, i due terzi dei capitolati risultano obsoleti e poco trasparenti. In molti bandi il criterio economico prevale su qualità, varietà e sostenibilità, mentre le informazioni sugli ingredienti sono spesso carenti. I controlli per verificare la corretta applicazione dei menù risultano insufficienti in diversi casi.
Linee guida e strumenti normativi
A maggio 2025 ANDISU ha pubblicato le nuove Linee Guida per la Ristorazione Universitaria Sostenibile, privilegiando proteine e alimenti a base vegetale e definendo obiettivi ambientali, economici e sociali per le mense universitarie.
Secondo Essere Animali e Legambiente Lombardia, quattro università lombarde rappresentano buone pratiche in linea con le linee guida:
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Al Politecnico di Milano «la pressione dei gruppi studenteschi ha portato all’introduzione di opzioni a base vegetale su base quotidiana e all’introduzione dei cosiddetti “meatless day” (giornate senza carne) nel campus Bovisa»;
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All’Università di Bergamo «grazie alla collaborazione tra ateneo, Comune, ATS e società civile all’interno del progetto “Menù Green – Amico del clima”, offre da aprile 2025 un pasto completo totalmente vegetale ogni giorno»;
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Alla mensa Fraccaro di Pavia, «il nuovo capitolato (maggio 2025) traduce le Linee Guida nazionali in requisiti operativi vincolanti, richiedendo una proposta vegetale quotidiana per ogni portata e suggerimenti sulle alternative dei secondi piatti a base vegetale»;
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Al capitolato di Milano Bicocca «viene garantita almeno un’opzione vegana per ogni portata ogni giorno, sia alla tavola calda sia nei bar e nei punti di tavola fredda, premiando la qualità delle materie prime rispetto alla loro economicità».
Dichiarazioni delle associazioni
«Quello che senza alcun dubbio questo studio dimostra è che le mense universitarie possono e devono adottare modelli più sostenibili, sani ed equi, abbandonando un paradigma obsoleto e poco inclusivo», dichiarano Essere Animali, Legambiente Lombardia e Terra!.
«Fare tutto questo non è complicato: gli strumenti normativi esistono, le linee guida sono disponibili, le buone pratiche sono documentate, ma serve la volontà di applicarle sistematicamente e con controlli rigorosi, trasformando le eccezioni virtuose in prassi consolidata e garantendo un’offerta più vegetale e diversificata, adeguatamente informata, e che permetta agli studenti di compiere scelte consapevoli, sostenibili e gratificanti ogni giorno».
Un contesto nazionale e globale
Nel gennaio 2024 il Ranking nazionale di Mense per il Clima ha evidenziato che il 55% dei menù universitari non prevede secondi piatti vegetali nemmeno una volta a settimana. L’analisi dei piatti comuni secondo i parametri Life Cycle Assessment mostra che i secondi di carne o pesce hanno un impatto ambientale da quattro a dieci volte superiore rispetto ai legumi.
Secondo uno studio della Commissione EAT-Lancet, i sistemi alimentari producono circa il 30% delle emissioni globali di gas serra. La produzione di proteine animali utilizza oltre l’80% delle terre agricole, fornendo solo il 18% del fabbisogno calorico e il 37% del fabbisogno proteico, con conseguenze su consumo idrico, particolato atmosferico, perdita di biodiversità e inquinamento di terreni e acque.