Apre oggi al pubblico Fabio Mauri. De Oppressione, la grande mostra che Triennale Milano dedica al tema dell’oppressione nell’opera di uno dei protagonisti più lucidi e innovativi dell’avanguardia italiana del secondo dopoguerra.
L’esposizione, realizzata da Associazione Genesi in collaborazione con Triennale Milano e Studio Fabio Mauri – Associazione per l’Arte L’Esperimento del Mondo, segna l’avvio ufficiale delle celebrazioni per il centenario della nascita dell’artista, che proseguiranno nel 2026 con mostre e progetti internazionali.
Un artista che ha interrogato il “secolo breve”
Fabio Mauri (Roma, 1926 – 2009) ha saputo raccontare come pochi altri le contraddizioni del Novecento, attraversando memoria, ideologia, manipolazione delle immagini e potere dei media.
La sua ricerca – tra pittura, installazione, performance, scrittura e sperimentazioni sullo schermo – è stata guidata da una tensione costante tra dimensione individuale e collettiva, tra simbolo e documento, tra etica e Storia.
Fin dagli anni Cinquanta comprese la forza ambigua dello schermo come soglia, filtro e dispositivo di proiezione, anticipando la trasformazione della società dello spettacolo in quella che oggi definiremmo “società dello screen”.
Il nucleo espositivo: l’oppressione come chiave di lettura
La mostra di Triennale concentra lo sguardo sulle molte declinazioni dell’oppressione nella produzione dell’artista, tema da lui esplorato con sensibilità pionieristica sin dalla fine degli anni Sessanta.
Il percorso raccoglie opere realizzate fra la fine degli anni Sessanta e gli anni Duemila, mettendo in luce la straordinaria attualità del suo pensiero. Cultura, identità, ideologia: tre concetti che, nella storia e nei luoghi, possono trasformarsi in strumenti di sopraffazione.
Le opere storiche in esposizione
Tra i lavori iconici, torna visibile in Italia dopo decenni Amore mio (1970), installazione sul tema della morte presentata per l’ultima volta alla rassegna montepulcianese che le diede il nome.
Seguono Manipolazione di Cultura (1974) ed Europa bombardata (1978), opere che già dal titolo rivelano la riflessione dell’artista sulla violenza implicita nei processi di costruzione culturale.
Esposti anche I numeri malefici (1978), presentata alla Biennale di Venezia e oggi parte del Castello di Rivoli, dove Mauri affronta l’errore di calcolo come possibile lettura della Storia.
Gli anni successivi: corpo, memoria e soprusi contemporanei
Il percorso include inoltre opere che documentano l’evoluzione dello sguardo dell’artista verso forme di oppressione più intime e individuali: Ricostruzione della memoria a percezione spenta (1988), Cina ASIA Nuova (1996) e Rebibbia (2007) sono testimonianze della sua capacità di leggere criticamente ogni forma di sopruso come parte di una più ampia narrazione storica.
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