Uno studio internazionale coordinato dall’IRCCS Ospedale San Raffaele e dal Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York indica che una dieta ricca di fibre può rallentare la progressione delle forme precoci di mieloma multiplo. La ricerca, guidata dal dottor Matteo Bellone e dalla dottoressa Urvi A. Shah, è stata pubblicata su Cancer Discovery.
L’impatto della dieta sui meccanismi biologici
Il gruppo ha analizzato come un regime alimentare basato su alimenti vegetali possa modificare metabolismo, immunità e microbioma intestinale. «Per la prima volta abbiamo dimostrato che un intervento nutrizionale strutturato può incidere sui meccanismi alla base della progressione del mieloma», ha spiegato Bellone. Shah ha aggiunto che «un’alimentazione ricca di fibre può migliorare la salute intestinale, il metabolismo e la funzione immunitaria, contribuendo a rallentare l’avanzamento della malattia».
Che cos’è il mieloma e perché è importante intervenire presto
Il mieloma multiplo è un tumore del sangue che colpisce più di 160.000 persone nel mondo ogni anno. Nasce quasi sempre da due condizioni precancerose: MGUS e SMM. Questi stati, spesso silenti, interessano oltre il 5% degli over 50 e possono evolvere nel giro di anni. Ridurre questa progressione è una priorità della ricerca ematologica.
Dieta e microbioma: una relazione già nota
Nel 2018 il San Raffaele aveva mostrato il legame tra microbioma e avanzamento della malattia. Alcuni batteri favorivano processi infiammatori in grado di accelerare il mieloma. Da quella scoperta è nata l’ipotesi alla base del nuovo lavoro: se il microbioma può spingere il tumore, può anche frenarlo.
Lo studio clinico NUTRIVENTION
La sperimentazione, condotta al Memorial Sloan Kettering, ha coinvolto 23 persone con MGUS e SMM. Per dodici settimane i partecipanti hanno seguito una dieta ricca di fibre e senza restrizioni caloriche. L’obiettivo era modificare le abitudini alimentari usando frutta, verdura, legumi e cereali integrali.
I risultati mostrano che la dieta è sostenibile. Il 70% dei pazienti ha continuato anche dopo il termine previsto. Il peso è diminuito. La sensibilità insulinica è migliorata. L’infiammazione si è ridotta. Il microbioma si è arricchito di batteri produttori di butirrato, una molecola con effetti antinfiammatori e antitumorali. Negli otto pazienti valutati, la componente monoclonale si è stabilizzata e, in due casi, è migliorata.
Il contributo sperimentale del San Raffaele
Nei laboratori del San Raffaele il gruppo ha studiato i meccanismi alla base di questi effetti. I ricercatori hanno alimentato modelli murini con una dieta ricca di fibre. Hanno osservato un aumento della produzione di acidi grassi a catena corta, tra cui il butirrato. Queste molecole hanno rallentato la malattia nei topi e la proliferazione delle cellule tumorali in coltura.
La dieta ha anche modificato le cellule immunitarie nel midollo osseo, orientandole verso un’azione antitumorale. «È come se il microbiota, riprogrammato dalla dieta, avesse cambiato il microambiente tumorale», ha spiegato Bellone. Secondo il ricercatore, l’effetto potrebbe nascere dal trasferimento delle molecole prodotte nel tratto intestinale verso il midollo.
Verso nuovi studi clinici
I dati aprono a sperimentazioni più ampie. La dieta non sostituisce le terapie oncologiche, ma potrebbe affiancarle. Un nuovo studio multicentrico italiano, coordinato dal dottor Tommaso Perini del San Raffaele, analizzerà l’impatto di diete vegetali sul microbiota nei pazienti con SMM.
«Il nostro obiettivo è trasformare un gesto quotidiano in uno strumento di prevenzione scientificamente fondato», ha concluso Bellone.
Lo studio è stato sostenuto da AIRC, Blood Cancer United, Paula and Rodger Riney Foundation, NIH, Parker Institute for Cancer Immunotherapy, International Myeloma Society, Swedish Research Council e altri fondi accademici internazionali.
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